La fotografia, è uno spazio limitato, i cui confini, restano celati a un limbo di probabilità. Accade, quando l’otturatore oscilla, la luce, rivela uno scorcio di realtà ineffabile, languida al tempo, in forma, solo all’osservatore. Il resto non esiste, sono solo probabilità, che una data visione sia. Nella mia fotografia, cerco sovente, di raccontare un concetto, attraverso un singolo scatto, un’unica visione. Un fondo, a sostegno del soggetto, inquadratura a focale fissa, trentacinque millimetri, la fotocamera…..Clic! Scatto. Solo in un secondo momento,

quando rivedo gli scatti effettuati, riconosco quell’unico vero fotogramma, quello scatto, che ha preso forma, dall’idea e dal pensiero. Ogni particolare della fotografia, è fondamentale perchè essa sia. Capita sovente, di non riconoscere, quell’unico vero scatto, trascinando tutto nel buio, da dove tutto ha avuto inizio. Non sempre, si coglie l’essenza di ciò, che si staglia innanzi. Ma pur quando, accade d’intuire, quell’unica visione, potrebbe non rivelarsi, nella sua totalità, ma  uno scuarcio nello spazio, tutto da esplorare, comprendere, e al quale dare forma. Se anche poi, ancora, non mi fosse chiaro,

ciò che è emerso, accantono tutto, lasciando che il tempo, mi riveli gli angoli più bui. Nel corso degli anni, ho avvertito la necessità, di costruire lo spazio, intorno al soggetto, realizzando confini strutturali, su cui poggiare. Dare al soggetto, e al concetto, coordinate spaziali, tra cui esprimersi, limitando la paura, dell’abbandono, dello sconfinamento, dello smarrimento. Ma l’ossessiva ricerca, di punti d’appoggio, di ancoraggio, su cui, e tra cui sorreggermi, ha imprigionato la possibilità, di un’espressione, più ampia, profonda, libera. L’aspirazione, presuppone, un numero di possibilità, libero da vincoli